Ciao,
ci rivediamo dopo qualche settimana, con il dibattito pubblico focalizzato su un'aggressione, quella della Russia di Putin verso l'Ucraina, che non avremmo voluto vedere. Come nessun'altra, ovviamente.
Questo numero è diverso dal solito, perché è monotematico. Proverò a raccontare perché questo conflitto è fortemente incentrato sulla comunicazione digitale, focalizzandomi sul ruolo che i social stanno avendo in questa inutile guerra. | Il concetto di "guerra ibrida" e la sua preparazione sul digitaleIl 24 febbraio 2022 Putin ha annunciato un'operazione militare nel Donbass, dando così inizio all'invasione dell'Ucraina. Ma la macchina della propaganda russa aveva posto da anni le basi per giustificare l'aggressione, attraverso azioni mirate, volte a influenzare la popolazione russa (e quella europea/mondiale). Se da un lato, in patria, i canali del governo - RT e Sputnik su tutti - elogiavano le attività di Putin, all'estero da anni venivano e vengono condotte azioni di manipolazione digitale su tutte le principali piattaforme social, con l'obiettivo di sporcare la reputazione dell'occidente, alimentare il caos nei paesi democratici e incensare il presidente russo.
Era l'applicazione, di fatto, di quella che viene (spesso erroneamente) chiamata "Dottrina Gerasimov", dal nome del Capo di stato maggiore generale delle Forze armate russe. Di cosa parliamo? Nel 2013 la rivista specializzata Corriere militare industriale pubblicò uno speech del generale Valerij Gerasimov, dal titolo Il valore della scienza della previsione. L'articolo venne poi diffuso dal blog dell'analista britannico Mark Galeotti - che, qualche anno dopo, si è scusato per aver creato un misunderstanding definendola, appunto, "dottrina" e facendo così passare il concetto che fosse una strategia di attacco russo. Ma vale la pena approfondire, perché, come vedremo, i concetti permangono. | | Nel suo speech Gerasimov, partendo dall'esperienza delle "primavere arabe", e cioè da quello che lui riteneva un tentativo dell'occidente di destabilizzare la sfera post-sovietica, spiegava l'efficacia della guerra ibrida.
I conflitti, diceva, avvengono anche attraverso la manipolazione informativa e la divulgazione di notizie false, l’uso delle tecnologie e dell’intelligenza artificiale, del cyberspazio e della dimensione satellitare. Sono dunque basati su azioni offensive volte a macchiare la reputazione del nemico e a disorientare la sua opinione pubblica. Erano pareri personali del generale, e, ribadisco, riferiti a un altro contesto, ma sono concetti che la Russia ha poi, di fatto, implementato in Ucraina con le modalità descritte in precedenza. | Il fattore ZelenskyC'è, tuttavia, un fattore che Putin non aveva calcolato, o che comunque aveva sottovalutato: la figura "mediatica" del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. In un'intervista che ho rilasciato all'Espresso, ho parlato dei profili di entrambi i leader, sottolineando la capacità di Zelensky di utilizzare i propri account social in maniera strategica. | | Il presidente ucraino è vicino al suo popolo e non sta sbagliando una mossa a livello comunicativo: dalla scelta di rimanere in Ucraina alla vicinanza alla popolazione e all'esercito, dalla fermezza nelle risposte a Putin alla capacità di fare rete con l'occidente, Zelensky si sta dimostrando comunicativamente autentico, credibile, efficace. Rimando comunque all'intervista per approfondire ulteriormente. | La guerra dei socialUn ruolo rilevante nella guerra di informazione viene senza dubbio giocato dai principali social network. Facciamo un minimo di cronistoria. A fine febbraio, Meta - la società madre di Facebook, Instagram e Whatsapp - ha annunciato che avrebbe limitato l'accesso a due siti di notizie controllati dallo stato russo (RT e Sputnik).E pochi giorni dopo il regolatore Internet russo Roskomnadzor ha ordinato il blocco di Facebook e Twitter nel Paese, accusando i social network di discriminare i media russi. Blocco esteso anche a diversi popolari organi di informazione, come la BBC. | | Nick Clegg è Presidente Affari Globali di Meta | Twitter, dal canto suo, si è riorganizzato aggirando il blocco governativo, sfruttando Tor - browser che permette una comunicazione anonima - per consentire alla popolazione l'accesso alla piattaforma.
Tutte i principali social - compresi YouTube e TikTok - stanno tentando di limitare la diffusione di contenuti inattendibili o chiaramente frutto di propaganda, creando centri operativi speciali al loro interno.
Meta ha anche proibito la diffusione di post a pagamento da parte degli account dei media di stato russi, impedendo loro l’acquisto di inserzioni pubblicitarie e limitando notevolmente la diffusione dei contenuti pubblicati.
Ha inoltre deciso di permettere la pubblicazione temporanea di post che incitano all'uccisione degli invasori russi in Armenia, Azerbaigian, Estonia, Georgia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Russia, Slovacchia e Ucraina. La Russia, come risposta, ha limitato l'accesso a Instagram. E gli influencer russi hanno chiesto ai propri follower di seguirli su altre piattaforme. A proposito: VICE News ha scoperto una campagna coordinata in cui profili russi con un numero elevato di follower su TikTok vengono pagati per pubblicare video che promuovono narrazioni pro-Cremlino. | L'intelligence ti vede (soprattutto in pubblico)Va anche detto che le informazioni condivise sui social, oltre ad avere uno scopo informativo (o di propaganda), sono oro colato per l'intelligence. Come raccontato in una delle ultime newsletter di Wired, prima dell'avvio della guerra gli Usa sapevano già che le truppe di Putin erano ben schierate e che i movimenti dell’esercito sconfessavano i messaggi di distensione mandati dal Cremlino: | Buona parte delle informazioni raccolte dall’intelligence americana era in realtà pubblica, e continua ad esserlo ancora oggi. Mentre la crisi imperversa e i missili cadono sulle città ucraine, gli analisti stanno notando infatti come la tecnologia abbia cambiato in modo ormai radicale il lavoro delle spie. I tempi delle barbe finte, degli infiltrati e degli ombrelli bulgari sembra ormai passato. Oggi si lavora sempre più tramite Osint (open source intelligence), vale a dire la raccolta di informazioni di intelligence tramite fonti aperte e accessibili a chiunque. E il caso ucraino ne è la dimostrazione più recente e cristallina. In questi giorni gli analisti stanno usando TikTok seguendo hashtag come #ukraine per ricostruire i movimenti delle truppe russe. | Il racconto sul campo attraverso i social e il ruolo delle immaginiIn generale, soldati e civili (lato russo si diffonde sempre di più l'utilizzo della lettera "Z" come simbolo pro-invasione) contribuiscono alla definizione della narrazione della guerra pubblicando video e foto dai luoghi del conflitto - e delle manifestazioni nel resto del mondo - principalmente attraverso TikTok e Instagram, ma con un ruolo per niente trascurabile di Telegram, utilizzato anche a livelli istituzionali.Non è la prima volta che accade, poiché in minima parte era avvenuto con la "primavera araba", ma è la prima volta che un conflitto - o meglio, un'invasione - viene raccontata sui social con un simile ammontare di utenti attivi: oggi i social vengono utilizzati regolarmente da un numero di cittadini nettamente superiore al decennio scorso.Il numero di persone raggiunte 24 ore su 24 dalle immagini è dunque elevatissimo. E torna, purtroppo, di grande attualità "Davanti al dolore degli altri", un saggio di Susan Sontag del 2003 in cui la filosofa americana descriveva nel dettaglio il ruolo delle immagini nella percezione del conflitto, ponendosi domande interessanti sulle reazioni (differenti) dei cittadini davanti alla visione della crudeltà umana.Per via delle immagini le sofferenze della guerra rimangono impresse nella mente. È stato così con la guerra in Vietnam e con tutti gli altri conflitti foto/ videoraccontati.Invasione russa dell'Ucraina compresa. | | Per oggi abbiamo concluso. Mi trovate su Twitter per il racconto di queste (brutte) giornate. Con la speranza che questa triste pagina di storia si chiuda prima possibile.
Grazie per la lettura e a presto,
Pietro |
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