Oggi vorrei parlare anche della finanza Etica, quella finanza che pone (o dovrebbe porre) al centro anche altri aspetti oltre il solo mero ed utilitaristico fine del rendimento.
Ma facciamo un passo indietro, da dove si parte: dal Socially Responsible Investments (SRI).
L’approccio d’investimento SRI nasce negli anni ’60 negli Stati Uniti, con strategie che si basano inizialmente sull’esclusione dal portafoglio di aziende che operano in settori ritenuti controversi o dannosi per la società e l’ambiente come: tabacco, pornografia, alcol, gioco d’azzardo, armi o energie fossili.
Successivamente gli investimenti SRI si sono evoluti andando ad includere una grande varietà di approcci con specifiche caratteristiche tra cui l’integrazione di metriche positive legate alla società e l’ambiente, fino ad arrivare agli investimenti che presentano un impatto intenzionale positivo sul pianeta e le persone.
La parola che ormai veicola in ogni dove, è l’acronimo ESG (Environmental, social and governance), in parole più semplici: Ambiente, Società e Governance.
Da questi tre pilastri nasce, e al suo interno racchiude tre diverse sensibilità verso degli investimenti sostenibili.
1. pilastro, ambiente, riguarda principalmente temi legati al contrasto dell’inquinamento e alla razionalizzazione degli sprechi .
2. pilastro, società, interessa le politiche di genere, i diritti dell’uomo, gli standard di lavoro e i rapporti tra la realtà produttive e la realtà in cui sono insediate.
3. pilastro, la governance, riguarda le buone pratiche di governo delle società e i comportamenti virtuosi delle aziende in tema di rispetto delle leggi e della deontologia.
Tutto ciò viene armonizzato con l’approccio basato sugli “Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile” promosso dalle Nazioni Unite. Parlare di sostenibilità diventa imprescindibile in un dialogo tra aziende, gestori e investitori in cui finanza, economia e rispetto per l’ambiente si intrecciano e si rinforzano a vicenda.
Il cambiamento è in atto, si tratta di un’evoluzione naturale.
Secondo PricewaterhouseCooper’s le masse dei fondi ESG distribuiti in Europa conteranno per il 50% del totale nel 2025 grazie ad una crescita annua del 29%.
Ma per effettuare davvero investimenti “sostenibili” si devono trovare Advisor indipendenti e dedicati agli investimenti ESG da almeno oltre un decennio, e MainStreet Partners sembra essere la scelta giusta,
in grado di garantire anche sovra-rendimento su tutte le Asset class (strumenti).
La sua attività :
• Advisory per le gestioni patrimoniali
• Rating ESG su fondi e titoli
• Allineamento agli SDGs
• Risultati Extra-Finanziari
Gestore presente nelle scelta di investimenti possibili.
Tuttavia, è importante distinguere tra la "sostanza" e le “mode”: ci sono delle cose da tenere presente, degli aspetti negativi da valutare, dal greenwashing, alle certificazioni “facili” ottenute solo a scopo di marketing.
Di tutte queste situazioni ne ho già parlato nella video intervista di inizio febbraio con Luca Poma, Professore di Reputation management all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino.
Il Professore oggi è ospite della mia newsletter, oltre che per approfondire questi argomenti anche per commentare una buona, all’apparenza, notizia: l’ESMA scende in campo!
Professore, ci accenni qualcosa...
Tra il 2022 e il 2024 il regolatore condurrà una vera e propria lotta contro la “finta” finanza sostenibile, e in primis contro le azioni di marketing poco chiare da parte di aziende e gestori d’investimento. Ovvero, negli auspici, imporrà alle imprese di dimostrare la veridicità delle affermazioni relative all'impatto ambientale dei loro prodotti/servizi mediante l'utilizzo di metodi standard per la loro quantificazione. L'obiettivo è rendere le dichiarazioni affidabili, comparabili e verificabili in tutta l'UE, riducendo così il "greenwashing", il comportamento con cui le imprese presentano il loro impatto ambientale in modo ingannevole. Ciò dovrebbe aiutare i cittadini, gli acquirenti e gli investitori commerciali a prendere decisioni più sostenibili e ad aumentare la fiducia dei consumatori nei marchi di qualità ecologica e nelle informazioni sull'impatto ambientale.
Tutto oro quello che luccica?
Non sempre, perchè come dichiaro da anni, la reputazione, anche in campo ESG si può comprare. Opinione attualmente diffusa vuole che le società che hanno posizioni migliori in classifica sulla base di metriche ESG, otterranno – già solo per questo – migliori rendimenti per gli azionisti: questa convinzione è semplicemente errata, è basata su un castello di carte, è – metaforicamente – un gigante dai piedi d’argilla. Molti analisti finanziari considerano il posizionamento rispetto agli indici ESG come un modo per attirare investitori socialmente responsabili, nonché come uno strumento per ridurre i rischi di reputazione di una società.
Non basta quindi una buona certificazione per dirsi “sostenibili”?
No, perché diversi modelli basati sugli indici ESG sono centrati su uno sguardo del tutto generale, avulso dal particolare, che può generare effetti imprevisti e preoccupanti: si tratta in poche parole di una vera e propria mania classificatoria, l’ennesima, tipica del mondo anglosassone e degli USA in particolare. L’impatto ambientale di una banca, per esempio, non è rilevante per la performance economica della stessa: una corretta politica di contenimento delle emissioni inquinanti di CO2 in atmosfera otterrebbe un alto punteggio sugli indici ESG, ma non influenzerebbe significativamente le emissioni di carbonio globali: al contrario, l’emissione, da parte della banca, di prestiti subprime che i clienti non saranno in grado di ripagare, o la vendita di titoli tossici, potrebbe avere devastanti conseguenze sociali e finanziarie, come le cronache di pochi anni fa hanno dimostrato. Nonostante ciò, il reporting ESG ha dato credito alle banche per la prima questione, e allo stesso tempo ha tralasciato la seconda. molti investitori selezionano potenziali investimenti attraverso delle analisi puramente finanziarie, che ignorano le questioni sociali, e quindi usano la performance ESG generale della società come screening finale per la riduzione del rischio: una specie di foglia di fico.
Questo accade anche nel settore della finanza green?
Certamente, ad esempio una società d’investimento non può delegare la considerazione delle questioni sociali e ambientali ad un singolo analista ESG, ex post: l’intero team d’investimento dovrebbe combinare la comprensione dei fattori e dell’impatto sociale con la competenza finanziaria e industriale, ad esempio inserendo esperti in questioni ambientali e sociali all’interno dei team che valutano gli investimenti, e questo succede molto di rado. Gli investitori dovrebbero iniziare, piuttosto che terminare, le proprie analisi con il passare in rassegna tutte le questioni sociali salienti che influenzano le aziende, come i cambiamenti climatici, il crescente interesse per la nutrizione, l’emergente classe media globale, la diffusione di malattie non trasmissibili, la bassa produttività dei piccoli agricoltori, il cambiamento dei dati demografici di dipendenti e clienti e gli effetti della carenza idrica. Comprendere queste dinamiche sociali e ambientali aiuterà gli investitori ad anticipare i cambiamenti nel proprio settore industriale e a identificare le opportunità per la creazione di valore condiviso nel futuro.
Una procedura di questo tipo può avere un impatto anche sulla reputazione?
Corretto, anche perché come sappiamo la reputazione è il più importante tra gli asset immateriali di qualunque azienda ed organizzazione, e in generale è l’asset di maggior valore e che più significativamente orienta i comportamenti di acquisto degli utenti e cittadini. Con i miei più validi ricercatori universitari abbiamo creato una società, Reputation Management Italia, che da servizi utili proprio per creare valore attraverso la (buona) reputazione: il capitalismo, quando introduce preoccupazioni di carattere etico nel business, può rappresentare una leva potentissima di sviluppo, ma gli imprenditori devono capire una volta per tutte che i cittadini chiedono concretezza e autenticità, non solo promesse, dichiarazioni di principio e greenwashing.
Riferimenti :
Prof. Luca Poma
Reputation Management Italia - Start-up innovativa ex Legge n° 221 17/12/12
Centro Studi - Il Direttore
Mobile - WhatsApp - Telegram + 39 337 415305
Sito web: reputationmanagementitalia.it - lucapoma.info
Blog: Creatoridifuturo.it
Bene direi che il Prof. ci ha ulteriormente chiarito le idee, come già fatto nel video di inizio Febbraio.
Per chi non lo avesse ancora guardato, ne consiglio la visione !😉